PALERMO, 6/11/2025 – Le cure palliative, il cui valore come diritto essenziale è riconosciuto dalla normativa nazionale, continuano a essere poco comprese e spesso mal gestite, in Sicilia come in altre regioni d’Italia. La legge 38 del 2010 e i Livelli Essenziali di Assistenza stabiliscono che ad ogni persona, affetta da patologie croniche evolutive o in fase avanzata, spetta ricevere cure palliative attraverso reti dedicate, con équipe multidisciplinari specializzate e percorsi assistenziali personalizzati. Nella pratica quotidiana tuttavia tutto questo non accade: i Punti Unici di Accesso, i distretti sanitari e le ASP spesso inseriscono pazienti che necessitano di cure palliative nei programmi di Assistenza Domiciliare Integrata, confondendo due ambiti profondamente diversi. Un errore che nasce da una carenza di conoscenze specifiche, da una mancata formazione e che produce gravi conseguenze cliniche, organizzative e morali. È il fondatore della SAMOT, Giorgio Trizzino, a sollevare ancora una volta la questione: “L’ADI – spiega – è un servizio essenziale per molte persone non autosufficienti o croniche, ma non può sostituire le reti di cure palliative. Queste ultime rispondono a bisogni complessi e richiedono competenze specifiche: controllo del dolore e dei sintomi, sostegno psicologico e spirituale, presa in carico globale del paziente e della famiglia, continuità dell’assistenza fino al termine della vita”.
Alla radice di questa dannosa confusione c’è la mancanza di una cultura palliativa: “Molti operatori non conoscono i criteri di eleggibilità o non distinguono correttamente i diversi livelli di complessità delle cure palliative. – spiega Trizzino – Una carenza di conoscenze che produce anche un effetto sistemico: le reti di cure palliative non riescono a raggiungere i livelli di copertura previsti dalla legge di bilancio 2022, che fissa al 90% entro il 2028 il target di assistiti. Un obiettivo che resta lontano se i pazienti vengono valutati tardi o inseriti nel percorso sbagliato”. Occorrerebbe dunque una formazione a tutti coloro che operano nel sistema organizzativo, ovvero ASP, distretti e PUA, dove spesso la persona che necessita di cure palliative non viene adeguatamente valutata: o la presa in carico palliativa avviene solo negli ultimi giorni di vita, oppure i pazienti vengono assegnati a un livello di assistenza di base invece che a quello specialistico, nonostante la complessità dei bisogni clinici, psicologici e relazionali. “Questo non solo disattende quanto previsto dai LEA, – continua Trizzino – ma determina un’ingiustizia profonda: la riduzione delle cure palliative a un intervento “di fine vita”, anziché a un processo di cura precoce e integrato, come stabilito dalle evidenze scientifiche e dalle linee guida nazionali”.
Una conoscenza aggiornata e condivisa potrebbe dunque contribuire a redigere Piani di Assistenza Individuale coerenti con i reali bisogni dei malati e con quanto stabilito dai LEA. Le cure palliative non rappresentano una scelta residuale, ma una disciplina specialistica che tutela la dignità della persona e il diritto a non soffrire inutilmente. “Garantire le cure palliative significa agire nel rispetto della legge, ma anche della coscienza. Significa riconoscere che la fragilità e la sofferenza non sono solo problemi sanitari, ma questioni di civiltà”.



